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4 stereotipi sulla maternità: quali sono e come sconfiggerli 9 Novembre 2022

Sei diventata mamma da poco, o lo stai per diventare e un pensiero già ti assilla: come farò a rientrare nel mondo del lavoro? Invece di goderti la maternità, un piccolo tarlo si insinua nella tua testa, conscia che donna+figlio agli occhi dei datori di lavoro può trasformarsi in uno stereotipo difficile da sfatare. Peggio di una lettera scarlatta ricamata sul petto. Eppure siamo nel 2023 e le cose dovrebbero andare meglio.

articolo formativo a cura di Cristina Coppellotti - Responsabile della Formazione, Sviluppo di Carriera, Diversity & Inclusion @Piano C

articolo aggiornato a novembre 2025

Perché gli stereotipi sulla maternità ostacolano la carriera

È proprio così: uno degli stereotipi sociali che penalizzano di più le mamme è quello che, quando si diventa tali, questo ruolo diventi pervasivo e totalizzante al punto da annullare e cancellare tutti gli altri.

Mamma e basta, insomma, quando invece si può essere mamme e… tante cose differenti.

Spesso però i datori di lavoro e le HR cadono in questo bias e temono che una mamma, e in particolare una neo-mamma, sia concentrata solo sulla sfera familiare perdendo così ogni interesse per il suo percorso professionale.

Come rispondere ad alcune domande spinose in sede di colloquio? O meglio ancora, come arrivare preparata al colloquio e anticipare gli stereotipi sulla maternità di chi fa selezione, tranquillizzando i loro timori? Niente panico, gli stereotipi si possono smontare, facciamolo insieme, ma prima un po’ di dati sulla maternità e gli stereotipi nel 2025 nel mondo del lavoro.

Dati e contesto 2025 sulla maternità e lavoro

Nel 2025 in Italia la maternità e l’occupazione femminile restano al centro di una sfida cruciale.
Da un lato il tasso di occupazione femminile è salito leggermente raggiungendo circa il 52,5 % nel 2023 secondo i dati Eurostat sul mercato del lavoro in Italia, dall’altro la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è ancora inferiore di oltre 12 punti percentuali rispetto alla media europea (fonte Ansa).

In questo quadro, le politiche per la conciliazione tra lavoro e maternità hanno fatto passi avanti ma non bastano.
Nel rapporto di Save The Children La maternità in Italia 2025 – Le Equilibriste

  • Il 20% delle donne smette di lavorare dopo essere diventata madre.
  • Nei casi di figli con disabilità, la percentuale di donne che lascia il lavoro sale fino al 35 %.
  • Il part-time involontario per le lavoratrici con figli è salito al 35,6 %.
  • In oltre il 96,8 % dei casi di dimissioni volontarie di neogenitori (figli 0-3 anni), si tratta di madri.
  • Tra le donne senza figli l’occupazione è al 68,9 %, mentre tra le madri con figli minorenni scende al 62,3 %

“Anche i dati sulle dimissioni volontarie dei genitori con figli di età compresa tra zero e 3 anni indicano disparità di genere nel mondo del lavoro: sono principalmente le madri a dimettersi, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita; il 72,8% di tutte le 61.391 convalide da parte di neogenitori di bambini tra zero e 3 anni è riferito a donne e nel 96,8% dei casi si tratta di dimissioni volontarie. Tra le motivazioni più frequenti c’è la difficoltà di conciliazione della vita familiare con quella lavorativa per ragioni legate ai servizi, all’organizzazione del lavoro o a scelte del datore di lavoro.”
Fonte Dipartimento per le politiche della famiglia.

La maternità non dovrebbe essere un ostacolo automatico alla carriera, ma questi dati ci mostrano come la sua gestione richiede politiche aziendali e culturali efficaci affinché diventi una fase di transizione sostenibile e non un’interruzione professionale.

I 4 stereotipi più comuni sulla maternità

Tradotto tutte le mamme vorrebbero lasciare il lavoro e dedicarsi alla famiglia: certo, diventare madre è un’esperienza totalizzante. A questo si aggiunga che nel 2023 il 20% delle donne ha smesso di lavorare dopo essere diventata madre. (Fonte Servizio Studi Camera dei Deputati (2023), L’occupazione femminile). Un dato che sembrerebbe confermare lo stereotipo della mamma che non vuole lavorare.

Quella che può apparire una scelta in realtà è spesso la conseguenza di un contesto sociale e culturale che fa ricadere il lavoro di cura solo sul femminile e non offre servizi sufficienti.

Non sempre infatti sono le mamme a non voler lavorare, ma spesso lasciare il lavoro diventa l’unica soluzione percorribile. Anche quando la donna ha ben chiara la consapevolezza che una scelta del genere sul lungo periodo potrebbe rivelarsi un vero e proprio boomerang.

Il consiglio: concilia lavoro e maternità, sul serio.

Se ne parla tanto ma il tema della conciliazione lavoro e maternità è un aspetto che deve riguardare la coppia. Non devi essere solo tu a sobbarcarti la gestione e l’organizzazione di tutto o il rischio di finire stramazzata al suolo per il troppo carico psicologico, fisico e mentale è più concreto che mai.

Immaginare nuove soluzioni condivise all’interno della coppia è fondamentale sia in tema di una suddivisione più equa del carico di cura e di gestione della casa, sia nello sfruttare laddove possibile il congedo parentale in modo diverso.

E una buona organizzazione condivisa del carico di cura ti consentirà, in sede di colloquio, di mostrare con sicurezza la tua passione e motivazione lavorativa, certa che a casa, come si suol dire, andrà tutto bene.

Uno degli stereotipi legati alla maternità ha a che fare con i tempi e le modalità di rientro al lavoro dopo la nascita di un figlio.

Un timore diffuso è che una donna possa letteralmente scomparire per mesi e mesi, a volte dall’oggi al domani. Certo, anche se la legge la tutela da questo punto di vista, questo passaggio se mal gestito può generare un vuoto organizzativo difficile da gestire per il datore di lavoro.

Il consiglio: programma la tua assenza.

Fatto salvo il sacrosanto diritto di utilizzare pienamente gli strumenti previsti dalla legge, può essere utile e rassicurante fare emergere nel racconto di sé e del proprio percorso professionale quanto tu sia stata in grado, o saresti intenzionata in caso di nuova gravidanza, di tenere aperto un canale di comunicazione con il datore di lavoro.

Cosa significa in concreto? Pianificare gli step con congruo anticipo, per quanto sia possibile; comunicare in tempo utile eventuali deviazioni dal piano comunicato in precedenza, restare in contatto con colleghi per non risultare completamente spaesata al rientro.

Raccontare di aver fatto così in una precedente maternità, o di essere pronta a farlo in futuro, può sicuramente rendere più sereno l’animo del nostro interlocutore, senza ledere in alcun modo i tuoi diritti, i tuoi bisogni e quelli del neonato.

A volte, superficialmente, alcune persone sono propense a credere che una madre si possa occupare solo e solamente dei figli.

Da una parte quel “solamente” è riduttivo: perché, lo sappiamo bene, sono tantissime le attività, i carichi e le responsabilità che questo ruolo comportano. Dall’altra una mamma può, e lo auspichiamo, continuare a mantenere interessi, hobby, passioni, amicizie, senza dimenticarsi di mettere al centro sé stessa.

Il consiglio: valorizza le tue soft skills.

Sappiamo quanto le attività di cura possano trasformarsi in una palestra attiva di competenze valorizzabili anche e soprattutto nel contesto professionale, ma spesso ce ne dimentichiamo quando aggiorniamo il nostro cv. Prova a pensare alla capacità di ascolto, di negoziazione, di gestione delle emergenze, di time management, alla flessibilità e al lavoro di squadra.

Sono capacità che vale la pena menzionare in sede di colloquio, per fare capire che non hai fatto “solo” la mamma ma hai anche allenato skills che ti saranno utili al lavoro.

A questo aggiungi anche ciò che hai fatto e che continui a fare per la tua crescita professionale mentre non stai lavorando e ti stai dedicando alla crescita dei figli: curi degli account social? Hai un hobby, una passione che continui a praticare? Hai seguito dei corsi di formazione?

Fai spazio a ciò che sei e valorizzalo nel tuo racconto a un potenziale datore di lavoro. Non avere paura dei tuoi buchi nel cv, anzi impara a gestirli e raccontarli. Sarà un modo per far capire che sei molto altro, non solo mamma.

Si tratta di uno stereotipo che guarda alla realtà, non è che le mamme non vogliono far carriera: è molto più difficile. Vediamo alcuni dati relativi al 2024 (Fonte: Rapporto Istat – Cnel: Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità):

  • nelle società quotate in Borsa solo il 2,9% degli amministratori delegati è donna contro una media europea del 7,8%.
  • direttori d’azienda: il nostro Paese si colloca nelle posizioni di coda della graduatoria Ue, con il 15,6% dei dirigenti donna contro una media del 22,7%

Ma il fatto che ci siano poche donne ai vertici vuole forse dire che le donne non vogliono crescere? No, almeno non necessariamente.

E se hai il desiderio di fare carriera e crescere professionalmente, la maternità non deve essere vista come un limite, ma come un valore aggiunto.

La soluzione: metti a frutto le tue doti di leadership.

Abbiamo visto come la maternità sia un terreno fertile per lo sviluppo di molte soft skills. Le mamme infatti sono in genere allenate dalle attività di cura a sviluppare doti di empowerment, coaching, valorizzazione del talento.

Tutte soft skills sempre più richieste nelle nuove accezioni di leadership che vedono il leader come una figura in grado di fungere da mentor, e che interpretano il potere come “poter fare, poter cambiare”.

Le donne possono quindi incarnare con efficacia questi ruoli, laddove la cultura organizzativa lo consenta e laddove abbiano avuto la possibilità di acquisire piena consapevolezza di queste competenze trasversali rinforzate anche grazie alla maternità.

Come ribaltare gli stereotipi e valorizzare la maternità nella carriera

Essere madri e professioniste non è una contraddizione: è un valore aggiunto.

La maternità sviluppa competenze trasversali come la gestione del tempo, l’empatia, la capacità di problem solving e la flessibilità: tutte qualità sempre più richieste nel mondo del lavoro del 2025.

Eppure, molti ambienti professionali continuano a percepire la maternità come un ostacolo o un rischio. Ribaltare questo stereotipo significa prima di tutto cambiare la narrazione: passare da “assenza dal lavoro” a “esperienza che arricchisce”.

Le aziende più innovative stanno già integrando programmi di rientro personalizzati, mentoring e politiche di conciliazione che riconoscono il valore delle competenze maturate nel percorso genitoriale.

D’altra parte, per le donne, valorizzare la maternità nella carriera significa imparare a raccontare questa esperienza in chiave di crescita: evidenziare come la gestione di nuove responsabilità abbia potenziato la leadership, la resilienza e la capacità di adattamento. Non è un “buco” nel CV, ma una fase di apprendimento profondo, umano e professionale.

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Donne, lavoro e maternità: si può fare

4 stereotipi sulla maternità con cui tutte noi prima o poi abbiamo avuto a che fare. Ma la consapevolezza di non essere “solo una mamma” ti aiuta ad andare oltre, così come conoscere le domande scomode legate alla maternità che spesso vengono fatte in sede di colloquio ti aiuta a non farti prendere alla sprovvista. Puoi arrivare pronta e determinata al prossimo colloquio, ma improvvisare non aiuta: prenditi cura del tuo cv e preparati al meglio.

Hai bisogno di una mano? La consulenza Cosa dire al colloquio di lavoro ti aiuta a prepararti al tuo prossimo colloquio e rispondere con sicurezza anche a quelle domande più scomode, scoprirai quali siano gli errori da evitare e i trucchi per un colloquio di lavoro efficace.

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