Passione è riscoperta del sé 13 Febbraio 2023

Passione: coraggiosa riscoperta di sé o semplice hobby da tempo perso? In un viaggio che ci porta dal pathos greco, allo Sturm und Drang tedesco, fino al favoloso mondo di Amélie, Rossella Genovese ci mostra come la passione sia una risorsa preziosa per riscoprire la propria essenza.

editoriale di Piano C a cura di Rossella Genovese - Project Manager culturale

Febbraio: l’inverno ci tramortisce un po’ con il suo rigore e si attende la primavera con la sua luce. Questo mese parliamo di passione: osservando come e quando viene utilizzata questa parola nel gergo comune, i segnali che mi giungono sono parecchio contraddittori.

Da un lato, un livello sempre più crescente di pressione sociale sprona a (di)mostrarci “super”, on line e off line, con il distintivo di pasionaria cucito sul petto. Come a dire: poco importa se poi la forma non è sostanza.

D’altro canto, sembra che facciamo molta fatica a perdonarci i “passi falsi”, quelli attribuiti alle cosiddette scelte “di pancia”

Passione: risorsa o semplice hobby?

Provo oggi a raccontare cosa è passione per me e come sia una risorsa piuttosto che una velleità a cui non dare retta perché “per adesso ci sono cose più importanti a cui pensare”.

Passione ha senza ombra di dubbio a che fare con il pathos, bisbigliano le sue radici latine. Ma aspetta… pathos non voleva mica dire dolore?

Navighiamo nell’oceano-mare dello Sturm und Drang, (letteralmente ‘’sconvolgimento e impeto’’), un concetto che resta forse un po’ distante dal nostro quotidiano, ricordo remoto di quando tra i banchi di scuola cercavano di trasmetterci il senso di quella rivoluzione romantica che scosse l’Europa. Gli sforzi di un’intera generazione che per mezzo della parola, della musica, di tutte le arti a sua disposizione recuperava un rapporto diretto con la natura, allibiva davanti alla sua sconfinata potenza e tentava di raccontarne l’impetuosa energia.

Quando qualcosa ci scuote nel profondo, ci travolge, ci rivolta come un calzino in centrifuga, quando quel qualcosa non ci lascia tregua e anzi ci esorta a lasciarci andare: eccoci, quello è il regno della passione. “My cup of tea”, come dicono al di là della Manica.

Si tratta di un’intensità emotiva difficile da sminuire o da nascondere, che ti attrae irresistibilmente e che al tempo stesso può far paura, terrore persino. Mai, come in questo caso, mente e corpo sono coinvolti insieme a dire la loro, spesso con pari dignità – aspetto alquanto inconsueto in un mondo che ci sprona tanto a pensare e quasi mai a sentire.

A me passione fa anche venire in mente tante storie, vecchie e nuove, e fa rima con determinazione e progettualità. Per un certo tipo di mentalità dominante e a causa del peso dei ruoli che ci portiamo addosso, mogli, mamme, compagne, amiche, zie, sorelle, vivere la propria esistenza con passione e secondo passione è spesso considerato utopia irrealizzabile, decisamente poco pragmatica.

Il prezzo che paghiamo nell’accettare senza repliche questo tipo di narrazione a senso unico?

Ci priviamo della possibilità di provare quello speciale stato di grazia dove a contare è quanto tu ti senti appagata e a posto con la più intima fibra di te stessa.

La passione, strumento prezioso

Sulle vie che ho percorso finora, al crocevia tra divulgazione e didattica e in città dalle anime molto differenti, ho avuto la fortuna di incrociare parecchie persone appassionate. Pur se diversissime tra loro, hanno tutte una scelta in comune. Hanno deciso di mettersi al timone della loro vita.

Senza se. Senza ma. Facile? No. Difficile. Difficilissimo.

Potrebbero tranquillamente essere tue amicizie, potresti essere tu in una fase particolare della tua vita, quella in cui hai deciso di guardarti davvero.

Si tratta per lo più di chi si sta mettendo in gioco sperimentandosi nelle realtà più disparate, dal vivere da expat e convivere con approcci culturali spesso molto distanti da quello d’origine al fondare un festival sulla sostenibilità ambientale in Calabria.

Non aspettarti personalità da TED talks, queste persone non riempiono le pagine dei giornali. Hanno però compiuto scelte che hanno fatto tutta la differenza del mondo. Di età e background differenti, apprezzano il San Valentino appena trascorso o, al contrario, non accettano che un calendario standardizzato misuri la temperatura delle loro relazioni.

Ai miei occhi sono degne di stima perché hanno scelto di vivere secondo coerenza, nel rispetto di sé e dei principi-cardine alla base delle loro azioni.

Già, perché la passione può essere un mezzo che, mentre infuria la tempesta, ci permette di orientarci, di ri-orizzontarci.

Una bussola che indica i porti sicuri che ci attendono nel nostro percorso, luoghi dove ristorarci e da cui poi ripartire.

È grazie a loro se ho compreso che vivere di passione non vuol dire navigare in solitaria. Al contrario, il coraggio di mettere in pratica queste scelte equivale ad avere piena consapevolezza dei propri bisogni per poi potersi dedicare, con altrettanta cura, al mondo lì fuori.

Se mi fermo un attimo a riflettere sul respiro del mondo, sono tante le parole di biasimo – colpevolizzanti, pesanti come macigni, indesiderate – che ho sentito giungere in occasione di passaggi di vita delicati. Mentre stai attraversando un cambiamento, mentre stai prendendo decisioni urgenti, mentre stai mediando con le nuove esigenze che la vita pone davanti.

È in questi frangenti che per me la passione si rivela: non vuol dire solo impeto e ardore ma anche e soprattutto coraggioso ascolto di sé.

Molte sono le persone che conosco che non sono consce di possedere questo strumento prezioso.

Alla riscoperta imprevista di te stessa

Tante altre quelle a cui è stato rimproverato di averne troppe di passioni, come se questo fosse in qualche modo una colpa e non una possibilità in più.

Sono situazioni agli antipodi, in cui cercare il confronto e cominciare (o riprendere se si è state interrotte) a lavorare su di sé può essere rivelatore!

Facci caso: quante volte per un caffè fuori programma, una lettura casuale, una persona o un luogo in cui ti sei imbattuta si è innescato un processo di graduale ma meravigliosamente inesorabile riscoperta di te?

Per un imprevisto comincia anche l’avventura di Amélie, la protagonista del film indie di Jean-Pierre Jeunet. In una Parigi tutta sua, la ragazza dalla frangetta corta si mette in testa di rivitalizzare le passioni della sua cerchia di amici e di abitanti del quartiere.

Una storia semplice, con risvolti teneri e comici. Come in un classico “viaggio dell’eroe” che si rispetti, a poco a poco la protagonista si ri-scopre, si permette di recuperare ciò che aveva tralasciato e mette in discussione la sua vita. Ha paura certo ma non si tira indietro, non si lascia vivere.

Sono grata a chi, giorno dopo giorno, mi dimostra che anche se la passione a cui scegliamo di dire di sì non riguarda nello specifico la nostra sfera professionale, ha comunque una ricaduta benefica sul nostro agire a lavoro, sui rapporti interpersonali e, in generale, sulla tanto discussa qualità di vita.