Che storia! Beatrice Irene Gemma 14 Marzo 2023

Beatrice Irene Gemma, un passato nella cooperazione internazionale con progetti legati all’infanzia. Oggi di professione fa la doula: si prende cura delle donne che stanno per diventare madri, gemme delicate pronte a sbocciare. In nomen omen direbbero i latini.

a cura di Fabiola Noris

Un sorriso accogliente che ti fa sentire subito a casa, occhi verdi cristallini penetranti, un cuore tosco-andino che si riflette nei colori sgargianti dei turbanti che indossa.

Beatrice Irene Gemma di professione ha scelto di essere una doula. Una decisione maturata naturalmente nel tempo. Una consapevolezza nata e cresciuta in Beatrice che l’ha vista unire gli elementi che da sempre hanno caratterizzato la sua vita privata e professionale: la cura nei confronti dei più piccoli, i progetti di cooperazione allo sviluppo dedicati al mondo dell’infanzia, l’interesse per una maternità vissuta in maniera proattiva, il diventare madre e la mancanza di reti di supporto genitoriale attorno a sè.

Dalla cooperazione internazionale al lavoro di cura

Prima di diventare doula, Beatrice si è occupata per anni di progetti di cooperazione internazionale nei paesi dell’America Latina. Una laurea in Scienze Politiche, sempre con la valigia pronta, ha potuto osservare da vicino come l’accudimento e la presenza materna fossero vissuti in maniera diversa.

Un’attività questa che la vedeva impegnata nel preparare progetti ma che in realtà non le permetteva di immergersi in prima persona.

“Avevo bisogno di toccare con mano quello che avevo sempre letto e scritto
ma non avevo ancora sperimentato fino in fondo.”

Nel 2015 diventa madre per la prima volta e capisce che anche da noi esistono delle povertà e dei margini di miglioramento nel vivere la maternità. Non ha reti parentali a supporto e insieme al marito costruiscono la loro storia di genitori.

È stato in quel momento che Beatrice scopre la figura della doula,

“una figura che ti può sostenere nel cercare la tua ricetta per sentirti protagonista della tua storia.”

Ed è così che Beatrice decide di dare forma al suo progetto formandosi per ottenere la qualifica come doula. È stato in questo percorso di riprogettazione professionale che è avvenuto il suo incontro con Piano C, in un momento in cui il passaggio da dipendente a libera professionista richiedeva uno sforzo su più fronti, a maggior ragione essendo donna e madre.

“L’ho percepito come un acceleratore di ragionamenti e processi che già stavo facendo e mi ha dato solidità nel continuare a investire nella mia professionalità. Mi ha permesso di ridisegnare la mia carriera cogliendo la coerenza tra il percorso che avevo fatto fino a quel momento e i nuovi progetti che volevo realizzare.”

Cosa fa una doula?

Se le premesse e l’obiettivo di Beatrice erano molto chiari, il punto di domanda vero riguardava la percezione e la conoscenza che le persone avevano di questa figura professionale.

La doula del resto ha origini mitiche: nell’Antica Grecia infatti Galati era la doula che assiste Alacmena durante la nascita di Ercole. Anzi è proprio la sua presenza, il suo dare conforto psicologico ad Alacmena, su cui pesava l’ira di Era, a far sì che il parto sia un lieto evento.

Oggi la figura della doula è stata ufficialmente sdoganata ed esercita la sua professione secondo le direttive della legge 4/2013. Si tratta di una figura professionale sociale, non sanitaria e non si sostituisce alla figura dell’ostetrica ma può essere un prezioso supporto per un lavoro sinergico nei confronti della mamma.

Nel 1992 viene fondato il primo ente con professioniste certificate: Doulas of North America (DONA). Da quel momento le doule si diffondono anche in altri paesi. In Italia c’è l’associazione Mondo Doula riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo Economico, dove nel 2019 Beatrice si è formata alla scuola di formazione delle doule per ottenere la certificazione.

Un tassello fondamentale che le ha permesso non solo di formarsi durante l’anno obbligatorio ma di praticare fin da subito con il tirocinio.

Beatrice, madre che si prende cura delle madri

Essere doula per Beatrice significa fare da madre alle madri: una missione che la vede impegnata su più fronti.

“Non si tratta solo di accompagnare la madre, sono molti i momenti in cui una donna che ha deciso di avere figli può avere bisogno di una doula”.

La doula può stare accanto alla donna in diversi momenti: da quando avere un figlio è solo un’idea fino al compimento del primo anno di vita del bambino. Durante i percorsi di fertilità, nei nove mesi della gravidanza, durante il parto, nei 40 giorni successivi alla nascita così delicati per l’equilibrio della nuova famiglia che si è formata. E ovviamente può essere una presenza delicata e importante in momenti difficili come nascite premature o lutti perinatali. Situazioni in cui il sistema sanitario nazionale può presentare dei vuoti, vuoti che la doula ricuce con delicatezza e competenza.

Beatrice racconta come la doula sostenga concretamente, non solo dal punto di vista emotivo ma anche pratico integrando i molteplici aspetti che caratterizzano la maternità in un percorso caratterizzato dalla continuità. È il tempo in cui si crea una nuova vita e la relazione tra doula e mamma cresce con lei. Obiettivi principali: sconfiggere la solitudine e tessere una rete sociale di sostegno per le mamme.

A volte significa prendersi cura della mamma semplicemente preparandole una tazza di tisana calda o tenendole il bambino mentre si fa una doccia in tranquillità o riposa. Gesti semplici e concreti che aiutano la neo mamma ad affrontare gli alti e bassi della maternità.

Non solo, Beatrice oltre a lavorare a domicilio con le mamme che la scelgono, a collaborare con altri professionisti organizza anche i cerchi delle mamme momenti di condivisione tra future e neo mamme, dove condividere gioie e fatiche della maternità.

Prendersi cura della madre per renderla protagonista

“Quando diventi madre e smetti di lavorare, il rischio è di diventare invisibile: esisti solo tu con il tuo bambino, viene a mancare il sostegno della rete di pari, mamme, sorelle, zie, amiche.”

Al centro del lavoro che Beatrice svolge quotidianamente c’è proprio lei, la madre e il suo essere protagonista. Si tratta di un aspetto cruciale su cui ruota tutta la sua attività. Il suo ruolo in quanto doula consiste infatti nel mettere al centro la donna, accompagnandola nelle scelte e offrendo le soluzioni migliori per vivere la maternità, senza giudizio. Aiutando a vivere questa fase della vita, non come una malattia, ma come una fase trasformativa che merita attenzione, rispetto e tempo.

A maggior ragione in un periodo storico come il nostro in cui la rete sociale a sostegno delle mamme e dei genitori è sempre più rarefatta, la doula diventa un punto di riferimento prezioso.

“La doula organizza degli spazi per la mamma per creare quello spazio alla maternità, prima e dopo il parto, che la società ci ha tolto. Per rispondere al senso di solitudine delle donne che non hanno più una rete di riferimento.”

Nei progetti di Beatrice oltre a riprendere gli incontri online dedicati ai cerchi delle mamme c’è la promozione della Scuola delle Doule di Firenze affinché vi sia sempre più maggiore consapevolezza attorno a questa nuova figura professionale e vi siano più doule per accompagnare le famiglie. E magari un giorno sia a disposizione delle realtà più fragili.

Come concilia lavoro e maternità una doula?

La doula non timbra il cartellino, lavora spesso nei weekend, a volte anche di notte: per Beatrice è stato fondamentale il supporto e l’appoggio incondizionato del marito nell’organizzazione e nella gestione della vita famigliare.

Il marito ha potuto usufruire del congedo di allattamento che Beatrice in quanto libera professionista non aveva a disposizione: in questo modo ha vissuto i primi mesi della maternità cogliendo tutte le fatiche che ruotano attorno alla madre dopo il parto. Un’altra scelta importante è stata quella di lavorare da remoto. Per Beatrice e suo marito si tratta di un equilibrio costruito insieme e che di volta in volta va rimodulato e rinegoziato in base ai ritmi del lavoro e le necessità di ciascuno. Non solo, Beatrice sottolinea l’importanza di due semplici azioni:

#1 imparare a chiedere: spesso per paura di ricevere in risposta un no non si fa nemmeno un tentativo di chiedere aiuto al proprio partner;

#2 imparare a delegare: tradotto significa avere fiducia in chi ci sta accanto, può essere difficile ma necessario per sopravvivere e lasciare andare un po’ di carico mentale.

Alla riscoperta della ciclicità

Nella nostra società la maternità viene vissuta velocemente, una parentesi rosa tra un congedo di maternità e il rientro lavorativo. E in questa parentesi tutto può accadere, dall’avere tra le mani un frugoletto per la prima volta e non sapere come cambiare un pannolino, al sentirsi inadeguate e soprattutto sole, senza amiche, sorelle o madri a cui chiedere aiuto.

È in questa prospettiva che Beatrice auspica un ritorno alla natura. Proprio lei stessa dopo il lockdown trascorso in città decide di andare a vivere sui colli toscani. Una scelta che le ha permesso di vivere la quotidianità con ritmi meno frenetici e più in linea con la ciclicità della natura, la stessa che contraddistingue la maternità.

“Si pensa che la doula aiuti la donna a partorire sotto la luna ululando. Ma non è così.”

Sorride scherzando Beatrice ma decisa a sfatare falsi miti. Certo è che il rapporto con la natura e la sua ciclicità è un aspetto a cui tiene molto e che utilizza anche all’interno del suo profilo Instagram.

“La natura mi permette di raccontare alcuni aspetti del mio lavoro preservando le fatiche e le fragilità delle donne di cui mi prendo cura. Ci sono delle dimensioni intime da custodire. Utilizzo la natura come metafora come forma di rispetto nei confronti delle famiglie.”

E questo riconnettersi alla natura, attraverso i suoi ritmi si riflette nella calma e pacatezza con cui Beatrice parla del suo lavoro e che raccontano della consapevolezza di quanto la maternità sia un tempo sacro a cui ridare dignità. Imparare a prendere la distanza da quella dimensione di produttività lavorativa che sembra essere l’unica cosa che ci definisce e iniziare così a vedere la maternità come un cammino da esplorare, con una doula accanto.