Che storia! Fabiola Noris 14 Gennaio 2023

Il trascorrere del tempo non sempre è un male: cura le ferite e ci permette di rimetterci in sesto, è necessario per far fecondare e maturare nuovi progetti. Il tempo è la nostra opportunità di fare meglio. E gennaio, sappiamo bene essere tempo di buoni propositi, di recap dell’anno passato, è il momento in cui si sceglie la parola che ci accompagnerà per i prossimi 365 giorni, una parola che ci deve ispirare, trainare nei momenti difficili, salvo poi dimenticarsela dopo pochi giorni. Ma se doveste scegliere la parola per l’anno appena passato, quale sarebbe? Per Fabiola Noris, copywriter e UX designer che con le parole ci lavora, sarebbe la Forza. Fisica, mentale, generativa, creativa.

a cura di Piano C

La copy orobica

Il primo passo non ti porta dove vuoi ma ti toglie da dove sei” lo dice Alejandro Jodorowsky e lo sa bene Fabiola Noris, che di passi per trovare la propria strada professionale, ne ha fatti parecchi.

Cresciuta in un paesino disperso tra le valli in provincia di Bergamo, dove per fare qualsiasi cosa era necessario muoversi con la macchina, Fabiola capisce presto che lì non c’è futuro.

“Ho vissuto in questo paesino di 600 anime circondata dalle montagne, affacciata su una strada provinciale che collega due cittadine, una località lacustre e un altipiano. Me lo diceva anche la geografia, l’unica prospettiva per crescere era uscire dal cancello e andarmene”.

E così ha fatto, prima con l’università a Padova, Mediazione Linguistica e Culturale, poi con l’Erasmus a Bergen in Norvegia. Al suo ritorno doveva laurearsi ma è successo un evento che l’ha paralizzata. Quella vallata circondata da montagne improvvisamente si è trasformata in un baratro. E risalire non è stato per nulla semplice.

Quanta fretta, ma dove corri, dove vai?

“Una persona a me molto cara ebbe un grave incidente in moto: 5 minuti prima mi aveva lasciata al lavoro in pizzeria, 5 minuti dopo era riversa per terra con la schiena spezzata”.

Fabiola inizia a vivere in uno stato di ansia: aveva paura di non avere tempo a sufficienza per fare le cose. In questa sorta di bulimia del tempo non riusciva a capire cosa voleva fare da grande, a mettere a fuoco i suoi talenti, si incastrava in lavori che credeva potessero fare per lei pur di lavorare e non restare ferma. Se fisicamente era sempre in movimento, mentalmente era bloccata.

Nel 2014 nasce il suo primo figlio, la situazione raggiunge l’apice. Fabiola è costretta a mettere in pausa forzata l’argomento lavoro.

Noè infatti nasce prematuro alla 28° settimana, uno scricciolo di 960 grammi: ha bisogno di tempo per crescere all’interno della sua incubatrice. Fabiola fa l’unica cosa possibile in quella situazione, rallentare e vivere giorno per giorno. Dopo tre mesi e mezzo di ospedale tra complicazioni e giornate interminabili, Noè torna a casa. Fabiola sente che deve recuperare il rapporto con il suo bimbo, decide così di prendersi cura del suo piccolo a tempo pieno.

Noè cresce e la prematurità scompare, ciò che rimane

“era una cicatrice sul mio ventre e una cicatrice più profonda nel mio cuore”.

Cresciuta in un ambiente dove si facevano 2 giornate, dove la sveglia suonava all’alba e la giornata lavorativa finiva dopo 12 ore, per Fabiola ritrovarsi senza lavoro era diventato ben presto frustrante.

“Quando è stato chiaro che Noè stava bene sono uscita dall’apnea in cui mi ero calata. È stato lì che ho sentito il bisogno di affermarmi nel lavoro, di trovare la mia strada, perché non volevo essere solo la mamma di, volevo crearmi la mia indipendenza, lavorare e mettere a frutto i miei talenti”.

2022: partiamo dalla fine

Ed è quello che è successo nel 2022, un anno che Fabiola può definire in tutta tranquillità indimenticabile.

Ebbene sì, perché per Fabiola questo è stato un anno generativo in tutti i sensi. Il primo novembre ha dato alla luce Eva, e come si dice “è andato tutto bene”. A maggio è uscito il suo primo e-book edito da Zandegù “Microcopy mon amour”, la prima parte dell’anno ha tenuto un corso di digital copywriting in una scuola di moda di Milano, da gennaio a dicembre ha frequentato il Master Executive in Architettura dell’informazione e UX Design. E poi ha scritto. Contenuti, newsletter, blogpost.

Quella che all’apparenza potrebbe sembrare una semplice lista, per Fabiola rappresenta un passo più in là, un segno tangibile del cambiamento che richiede tempo, perseveranza. E forza. La forza di non mollare, di credere in sé stessa, di aspettare, di fare del proprio meglio e mostrare senza paura il proprio valore, la forza di mettere finalmente a frutto i propri talenti.

“Mi sono data il permesso di FARE:
di provare, di andare oltre, di buttarmi e dire di sì, di avere paura ma di trovare il coraggio per fare.
Mi sono concessa il diritto di fare senza l’ansia della fretta,
mi sono data il tempo per costruire ciò che voglio fare”.

Piano C Factory: un anno dopo

È durante il suo lavoro in ufficio stampa che Fabiola capisce che è la scrittura, il giocare con le parole, il raccontare prodotti e servizi, a farla cadere in uno stato inebriante di flow. Ma gli orari d’ufficio rigidi, le difficoltà nel chiedere permessi, i festivi lavorativi non retribuiti le facevano presagire che il suo desiderio di maternità si sarebbe ben presto scontrato con quel tipo di mentalità lavorativa.

Nel 2019 la decisione di aprire partita iva per poter conciliare il ruolo di mamma con la voglia e la necessità di realizzarsi anche professionalmente. Ma l’arrivo della pandemia la rallenta ed è così che si candida al percorso di riprogettazione professionale Piano C Factory, edizione settembre 2021. Un’opportunità per dare nuova linfa vitale al suo progetto da freelance e ritrovare l’energia necessaria a portarlo avanti.

“A Bergamo c’è un detto che dice sotto la cenere, brace: questa ero io prima di iniziare Piano C Factory, mi sentivo spenta ma sotto sotto c’era una fiammella che ardeva, dovevo solo trovare il modo di ravvivarla.
La passerella finale è stata il mio punto d’inizio. Ho messo nero su bianco le azioni concrete da fare, ho imparato un metodo, il Design Thinking che ho poi ritrovato nello UX design. E ho rinchiuso l’impostore nello sgabuzzino”.

È questa la vita che sognavo da bambina

“Ci sono quasi!”

Quando era piccola Fabiola sognava di diventare architetta: progettare spazi e mobili di design, disegnare schizzi su carta con matita e i colori a invadere il tavolo da lavoro. Ma come al solito la vita fa giri strani e architetta Fabiola lo è diventata sì, ma dell’informazione, quelli che progetta sono spazi virtuali e la matita e i colori sono sempre a portata di mano. Il progetto da tirare fuori dal cassetto? Realizzare un’app che sia di supporto ai genitori che vivono l’esperienza della TIN, la terapia intensiva neonatale.

E se il 2022 è stato l’anno della forza non ci sono dubbi che il 2023 per Fabiola sarà dedicato alla crescita: di nuovi progetti in ambito UX e ovviamente della piccola Eva!


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